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Appalti e somministrazione illecita di manodopera: ritornano le sanzioni penali

Sanzioni più pesanti che possono arrivare fino all’arresto per chi viola le nuove disposizioni, previste dal decreto PNRR, per il contrasto del lavoro irregolare negli appalti e subappalti di opere e di servizi.

Il D.L. n. 19 del 2024 ha reintrodotto il reato di somministrazione illecita di manodopera, che punisce il somministratore e l’utilizzatore con la pena dell’arresto fino a un mese o l’ammenda di euro 60 per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione. L’apparato sanzionatorio in tema di esternalizzazioni illecite e fraudolente prevede, inoltre, delle circostanze aggravanti e dei limiti entro i quali determinare le sanzioni che vanno applicate.

Quali sono? Nel complesso come è cambiata la disciplina sanzionatoria in materia di appalti?

Ripristino delle sanzioni penali in caso di esternalizzazioni illecite e inasprimento delle pene. Sono queste alcune delle novità contenute nell’art. 29 del DL 19/2024 recante “Ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)”.
Per contrastare l’ormai dilagante fenomeno dell’interposizione illecita di manodopera (somministrazione di lavoro abusiva, utilizzazione illecita, appalto e distacco illeciti) e sull’onda emotiva dei tragici infortuni sul lavoro verificatisi recentemente, il Governo ha introdotto alcune misure che tendono ad inasprire le conseguenze a carico dei datori di lavoro.
In alcuni casi, più che di vere e proprie novità, in realtà si tratta di un parziale ritorno al passato in quanto, dal 2 marzo 2024 (data di entrata in vigore del decreto PNRR), vengono reintrodotte alcune contravvenzioni in precedenza depenalizzate dal D.Lgs. n. 8/2016.
Il Governo, quindi, si è reso probabilmente conto che, per contrastare il deprecabile fenomeno delle esternalizzazioni illecite di manodopera (con tutto quello che ne consegue sotto il profilo della salute e sicurezza del lavoro), la mera sanzione amministrativa (peraltro limitate dalla presenza di un tetto massimo di 50 mila euro) non rappresentava più un efficace deterrente.

 

Appalto genuino

Il punto di partenza per valutare la genuinità di un appalto è rappresentato dalla definizione – sulla base della vigente disciplina normativa nonché dei consolidati orientamenti giurisprudenziali – del perimetro di liceità all’interno del quale è consentito agli operatori economici di muoversi.

Per fare ciò occorre necessariamente prendere le mosse dalla definizione contenuta nell’art. 1655 del Codice civile secondo cui “l’appalto è il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro”.
Per distinguere l’appalto lecito da quello illecito questa definizione va coordinata con la disciplina contenuta nell’art. 29, co.1, del D.Lgs. 276/2003 in virtù della quale “il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell’articolo 1655 del codice civile, si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa.”
Dal raffronto delle due norme si evince, quindi, come i criteri che contraddistinguono e legittimano il c.d. appalto genuino sono:
1) l’organizzazione di mezzi, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto;
2) l’esercizio, da parte dell’appaltatore, del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto;
3) l’assunzione, da parte dell’appaltatore, del rischio d’impresa.
In definitiva, un appalto può essere definito “genuino” soltanto quando l’appaltatore non risulti essere un intermediario, ma un vero e proprio imprenditore che, come tale, impieghi una propria organizzazione produttiva ed assuma i rischi della realizzazione dell’opera, o del servizio pattuito. L’appalto, invece, maschera una interposizione illecita di manodopera, quando l’interposto si limita a mettere a disposizione del pseudo committente le mere prestazioni lavorative dei propri dipendenti.
Conseguente previste in caso di appalto e distacco illecito
Sotto il fronte della punibilità degli illeciti va registrato, nel recente passato, un atteggiamento piuttosto ambiguo da parte del Legislatore. Difatti, l’abrogazione della somministrazione fraudolenta, la depenalizzazione di gran parte delle condotte interpositorie criminose previste dalla Legge Biagi (con conseguente derubricazione ad illecito amministrativo delle violazioni) e la previsione di un tetto massimo della relativa sanzione amministrativa ha fatalmente provocato un incremento delle condotte illecite.
Resosi probabilmente conto del preoccupante dilagare di questo fenomeno ed allo scopo di rafforzare l’attività di contrasto, col recente D.L. n. 19/2024 il Legislatore ha parzialmente invertito la rotta reintroducendo anche il reato di somministrazione illecita di manodopera.
In assenza degli elementi sostanziali e formali dell’appalto, dunque, si configura un’ipotesi di somministrazione abusiva a carico dello pseudo appaltatore, ed una conseguente utilizzazione illecita a carico dello pseudo committente.
Sotto il profilo civilistico il lavoratore interessato può richiedere, mediante ricorso giudiziale la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze dello pseudo committente.
Per l’appalto “non genuino”, inoltre, dal 2 marzo 2024 è previsto l’arresto fino a un mese o l’ammenda di 60 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro a carico tanto dell’utilizzatore quanto dello pseudo appaltatore.
Si fa presente che alle medesime conseguenze sanzionatorie va incontro anche chi trasgredisce le norme sul distacco di personale (art. 30 D.Lgs. 276/2003)
In pratica, dunque, a prescindere dallo schema giuridico formalmente adottato, si concretizza il reato di somministrazione illecita tutte le volte che viene effettuata una mera fornitura di manodopera da parte di soggetti non preventivamente autorizzati dal Ministero del lavoro.
Somministrazione fraudolenta
Quando la somministrazione di lavoro è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore, il somministratore e l’utilizzatore sono puniti con la pena dell’arresto fino a tre mesi o dell’ammenda di euro 100 per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione”.
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha già in passato avuto modo di fornire, al proprio personale ispettivo, alcune rilevanti indicazioni operative (che si ritengono tutt’ora valide) in merito a questo reato. In particolare, l’Agenzia ha puntualizzato che:
– vi sono degli elementi sintomatici del reato in questione che, una volta accertati, sono idonei a dimostrare la condotta fraudolenta. Difatti, il ricorso all’appalto illecito costituisce, di per sé, elemento sintomatico di una finalità fraudolenta, che il Legislatore ha inteso individuare nell’elusione di “norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore”. Fra queste norme, ad esempio, possono esservi quelle che stabiliscono la determinazione degli imponibili contributivi, o quelle che introducono divieti alla somministrazione di lavoro, ovvero che prevedono determinati requisiti per la stipula del contratto (art. 32, D.Lgs. n. 81/2015) o, ancora, specifici limiti alla somministrazione.
Nell’ambito di un appalto “il conseguimento di effettivi risparmi sul costo del lavoro derivanti dalla applicazione del trattamento retributivo previsto dal CCNL dall’appaltatore e dal connesso minore imponibile contributivo, così come una accertata elusione dei divieti posti dalle disposizioni in materia di somministrazione, risulta sicuramente sufficiente a dimostrare quell’idoneità dell’azione antigiuridica che disvela l’intento fraudolento”. La presenza di tali circostanze dovrà comunque essere supportata con l’acquisizione, da parte del personale ispettivo, di idonei elementi istruttori che si possono desumere anche dalla consultazione delle banche dati degli istituti previdenziali (verifica della correntezza contributiva) o dello stesso Ispettorato (es. pregresso ricorso al lavoro nero);
– oltre che per mezzo dello schema negoziale dell’appalto, il reato di somministrazione fraudolenta può concretizzarsi anche per mezzo della somministrazione effettuata da parte di agenzie autorizzate, tramite pseudo distacchi  o per mezzo di distacchi transnazionali illeciti

Circostanza aggravanti
L’apparato sanzionatorio in tema di esternalizzazioni illecite e fraudolente prevede delle circostanze aggravanti.
Difatti, gli importi di tutte le sanzioni previste sono aumentate del 20% nel caso che, nei tre anni precedenti, il datore di lavoro sia stato destinatario di sanzioni penali per i medesimi illeciti. Al fine di punire chi viola abitualmente queste norme, il nuovo comma 5-quater dell’art. 18 introduce – anche all’interno di questo apparato sanzionatorio – il concetto di “recidiva specifica” già previsto per altre violazioni
In caso di accertato sfruttamento di lavoratori minori, inoltre, è prevista la pena dell’arresto fino a diciotto mesi e l’ammenda è aumentata fino al sestuplo.
Questa ipotesi aggravante, tuttavia, inspiegabilmente non è stata contemplata per la somministrazione fraudolenta.
Adesso che, invece, questa contravvenzione ha acquisito una propria distinta autonomia rispetto a quella prevista per la somministrazione illecita, sarebbe stato necessario che l’aggravante per lo sfruttamento dei minori fosse espressamente integrata anche nel testo del comma 5-ter attualmente destinato a punire, appunto, la somministrazione fraudolenta.
Pertanto, qualora il testo normativo non venga emendato in fase di conversione in legge del DL n. 19/2024, ci troveremmo innanzi al paradosso che, in caso di sfruttamento di lavoratori minori, verrebbero puniti più severamente i contravventori di un appalto illecito rispetto a quelli che hanno posto in essere un appalto fraudolento (reato con maggior disvalore sociale) per i quali, invece, non è oggi prevista questa aggravante.

Soglie previste per le sanzioni
Il nuovo comma 5-quinqies dell’art. 18, D.Lgs. 276/2003 prevede dei limiti entro i quali determinare le sanzioni.
In particolare, l’importo di tutte le sanzioni contemplate in quell’articolo non possa comunque essere inferiore a 5.000 euro, né superiore a 50.000 euro.
Al riguardo va evidenziato come, il congelamento della soglia massima di 50 mila euro già prevista in passato per la sanzione amministrativa depenalizzata, ineluttabilmente ridurrà in maniera sensibile l’effetto deterrente prodotto dalla condivisibile reintroduzione dei reati.
Difatti, ipotizzando che i contravventori adempiano al provvedimento di prescrizione obbligatoria impartita, nella peggiore delle ipotesi potranno estinguere la violazione penale col pagamento della somma di 12.500 euro (un quarto della soglia massima di 50 mila euro).
Si precisa, infine, che in presenza di appalto illecito che coinvolga più soggetti (es. committente e più imprese appaltatrici), il limite di 50 mila euro trova applicazione in riferimento a ciascun appalto

Sanzioni su interposizione illecita di manodopera post D.L. n. 19/2024 (in vigore dal 2 marzo 2024)
Fonte Normativa
Illecito
Norma modificatrice della sanzione
Conseguenze sanzionatorie
Art. 18, co. 1 e 2, D.Lgs. n. 276/2003
Somministrazione abusiva e utilizzazione illecita di manodopera;
Art. 29, co. 4, D.L. n. 19/2024;
Arresto fino a un mese o ammenda di € 60 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro a carico del somministratore e dell’utilizzatore (1) (2) (3)
Art. 18, co. 5-bis, D.Lgs. n. 276/2003
Appalto privo dei requisiti di cui all’art. 29, co. 1 del D.Lgs. n. 276/2003
Art. 29, co. 4, D.L. n. 19/2024;
Arresto fino a un mese o ammenda di € 60 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro a carico dello pseudo-committente e dello pseudo-appaltatore (1) (2) (3)
Art. 18, co. 5-bis, D.Lgs. n. 276/2003
Distacco privo dei requisiti di cui all’art. 30, co. 1 del D.Lgs. n. 276/2003
Art. 29, co. 4, D.L. n. 19/2024;
Arresto fino a un mese o ammenda di € 60 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro a carico dello pseudo-committente e dello pseudo-appaltatore (1) (2) (3)
Art. 18, co. 5-ter, D.Lgs. n. 276/2004
Somministrazione di lavoro posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore (c.d. fraudolenta)
Art. 29, co. 4, D.L. n. 19/2024;
Arresto fino a tre mesi o ammenda di € 100 per ogni lavoratore occupato e per ciascun giorno di somministrazione a carico dello pseudo-committente e dello pseudo-appaltatore (2) (3)
Art. 18, co. 1, D.Lgs. n. 276/2003
Esercizio abusivo dell’attività di intermediazione (art. 4, co. 1, lett. c) del D.Lgs. n. 276/2003)
Art. 29, co. 4, D.L. n. 19/2024;
Arresto fino a sei mesi e ammenda da € 1500 a € 7500 (NO prescrizione).
Se non vi è scopo di lucro, la pena è dell’arresto fino a due mesi o dell’ammenda da € 600 a € 3.000. (1) (2) (3)
Art. 18, co. 1, D.Lgs. n. 276/2003
Esercizio non autorizzato delle attività di ricerca e selezione e di supporto alla ricollocazione del personale (art. 4, co. 1, lett. d) ed e) del D.Lgs. n. 276/2003)
Art. 29, co. 4, D.L. n. 19/2024;
Arresto fino a tre mesi o ammenda da € 900 a € 4.500. Se non vi è scopo di lucro, la pena è dell’arresto fino a 45 giorni o dell’ammenda da € 300 a € 1.500. (2) (3)
Nel caso di condanna, è disposta, in ogni caso, la confisca del mezzo di trasporto eventualmente adoperato per l’esercizio delle attività.
(1) Nel caso di accertato sfruttamento di minori la pena è dell’arresto fino a 18 mesi e dell’ammenda aumentata fino al sestuplo;
(2) Gli importi delle sanzioni sono aumentati del 20% ove, nei 3 anni precedenti, il datore di lavoro sia stato destinatario di sanzioni penali per i medesimi illeciti;
(3) La sanzione applicata non può, in ogni caso, essere inferiore a 5.000 euro, né superiore a 50.000 euro.

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